Questo articolo è diverso da molti che occupano queste pagine. Non parla di apparati, non parla di tecnologia, non parla di associazione. Questo articolo racconta una storia realmente accaduta dove la radio è ancora una volta protagonista dell’unione tra popoli anche in circostanze tristi e del tutto inusuali, dove avolte il caso e la radio giocano un ruolo del tutto singolare. È importante immedesimarsi con le prime due parti che, anche se apparentemente non hanno inerenza con la nostra attività, sono fondamentali per capire alla fine quanto la nostra radio avvicini le persone. Per riservatezza il nome dei protagonisti è stato tralasciato con l’intento di rendere irriconoscibili i personaggi. Lasciamo la descrizione all’articolo.
Treviso, anno 1960 o giù di lì
La periferia della città era molto più simile ad un odierno paesello che ad un sobborgo vero e proprio. Con l’esplosione dell’edilizia i quartieri si stavano velocemente popolando, realtà che accumunava le gran parti delle provincie italiane soprattutto al nord. Palazzi, case, attività commerciali, il boom economico stava prepotentemente avanzando e lo si avvertiva in pieno.
Il nostro Paese e l’Europa intera si lasciavano alle spalle da una quindicina di anni gli orrori di una guerra devastante. La generazione nata durante il periodo bellico o a cavallo di esso, pur non avendo provato il conflitto nella loro pelle perchè troppo piccoli per ricordarlo, lo conosce bene nei ricordi dei genitori, dei vecchi, dei reduci. Hanno però vissuto i tristi anni del dopoguerra, la povertà, le ristrettezze e un'infanzia di privazioni. Il boom economico della metà di del secolo appena trascorso, il decennio noto anche per l’esplosione delle nascite, dava finalmente a questa generazione l’opportunità di riscattarsi. La serenità raggiunta con il tramonto del dopoguerra, il lavoro in forte espansione, la fine della disoccupazione di un paese depresso, prometteva una vita dignitosa in una casa moderna con bagno in casa e riscaldamento, cose ora scontate ma privilegio di pochi fino a non molti anni prima. Qui inizia la storia che vede una giovane coppia di sposini. Dopo le nozze essi si sistemano in un bel un alloggio popolare di recente costruzione a destinazione impiegatizia, sito in una via di questo sobborgo ad est della città e in rapida espansione edilizia: via A.Martini.
La loro vita a breve regalerà un nuovo nato, il fiocco azzurro che ogni coppia desidera . Il destino però spesso riserva amare sorprese: qualcosa in quel piccolo, provinciale paradiso va storto, molto storto; nel peggior modo cui si possa immaginare. Il loro primogenito ed allora unico figlio all’età di quattro anni si ammala e va sempre peggio. Ben presto la diagnosi fu infausta: leucemia.
Se a tutt’oggi la stessa malattia con le cure attuali in molte varianti può contare di una buona percentuale di successo nella guarigione, nel 1964 era una condanna a morte. Nonostante quanto fatto per le cure, nonostante gli sforzi inumani che i genitori, nella disperazione hanno fatto e cercato in lunghi tre anni, il piccolo non ce la fa; muore all’età di circa otto anni lasciando una ferita non più rimarginabile nella famiglia. Era il 1968.
Anni 60
Dopo il conflitto, il mondo conobbe un altro tipo di guerra a livello planetario chiamata “ Guerra Fredda” i cui protagonisti erano Stati Uniti e Unione Sovietica. Questa storia è ben conosciuta e non merita ulteriori
approfondimenti. Vale la pena però sottolineare che mentre gli Stati Uniti erano aperti con gli altri Stati europei e con del resto del mondo condividendo e anche influenzandone lo stile di vita, dal lato Sovietico vi
era una totale chiusura. Non soltanto da parte del URSS , ma pure i numerosi paesi appartenenti al Patto di Varsavia lo erano parimenti, nei confronti dell’occidente soprattutto ma anche con quegli Stati che non
appoggiassero apertamente la loro politica. L’insieme di tutti questi paesi era chiamato «il Blocco Sovietico» tutti rigorosamente a regime comunista e tutti con lo stesso atteggiamento.
Non trapelava alcuna informazione che non fosse ufficiale, opportunamente verificata, censurata, ripulita da quello che il mondo non doveva sapere. Radio Mosca trasmetteva un notiziario anche in lingua Italiana che, più che un notiziario spesso era una propaganda comunista. Il resto era silenzio: informazioni libere non ne esistevano, voci fuori coro prontamente represse, nulla traspariva su cosa si facesse, come si viveva, o che livello tale società avesse raggiunto in quei Stati. Si era formata la così chiamata «Cortina di Ferro». Tutto questo alimentava leggende, miti, credenze popolari; si vociferava che il livello tecnologico e scientifico appartenesse ad una civiltà ampiamente superiore a quello occidentale perché .. i comunisti pensano solo al popolo e tutta la ricchezza viene investita nel benessere e nel lavoro. Questa è una delle frasi che si sentivano pronunciare tra la popolazione occidentale ma che non trovavano ovviamente riscontro, come quelle contrarie che dicevano .. i comunisti russi hanno ridotto la popolazione al medioevo e tutta la ricchezza va negli armamenti per fare la terza guerra mondiale. Anche qui non c’era nessuna corrispondenza con la realtà, realtà che sarebbe stata poi rivelata al mondo in tutti i sui risvolti solo nei primi anni novanta, dove apparve al mondo una società con i segni sì di un arretramento economico, con i propri problemi sociali ma niente civiltà simili a extraterrestri e neppure cavernicoli. Erano come noi.
Perché questa parte della storia? Lo si capirà in seguito.
Treviso, 1992
Inizia la parte della storia che ha come coprotagonista un radioamatore che vive nel quartiere della sfortunata coppia di cui abbiamo parlato prima. Un OM con la lettera maiuscola e con un nominativo di suffisso di tutto rispetto: I3 . Egli è della generazione nata negli anni trenta . La generazione che ha visto la guerra con gli occhi di un ragazzino di dieci anni, che la ricorda. Anche il dopoguerra prima descritto è rimasto suo bagaglio di ricordi. Fin dagli anni cinquanta conduce un laboratorio di riparazioni radio Tv da quando con i fratelli iniziò a riparare radio riavvolgere motori elettrici, trasformatori e in seguito con la loro diffusione, i televisori. Il riparatore TV è sempre stato, soprattutto in quegli anni, una figura importante e rispettata.
Data la sua professione egli era molto conosciuto sia nel quartiere che in città ed annoverava tra i sui clienti anche i coniugi menzionati nella prima parte del racconto. Il cordiale rapporto con questi, con tutta la clientela ma sostanzialmente in tutti gli abitanti del quartiere andava oltre al professionale: si veniva a creare un rapporto di comunità favorito anche dalla vicinanza delle residenze dove le occasioni di incontro non si limitavano a mere questioni di lavoro ma anche per esempio in chiesa, alla stazione di servizio e in tutti quei luoghi dove è consuetudine incontrarsi tra concittadini. La fusione dei rapporti umani e professionali in tale frangente era alimentata da elementi considerevoli. La riparazione dei televisori di costruzione interamente valvolare avveniva quasi sempre direttamente presso il domicilio. Questo era un formidabile collante perché si entrava nelle case e con gli anni il riparatore diventava più un amico che non “quello” che ripara la TV, inoltre il nostro ha il laboratorio adiacente all’abitazione così lavoro e rapporti sociali divenivano un unico corpo.
Ben cambiate sono poi le cose dopo il 1990; le nuove leve dei moltissimi i riparatori ed i tecnici in genere hanno, spesso loro malgrado, dovuto adattarsi al inaridirsi dei rapporti umani a vantaggio dell’era consumistica mentre il nostro radioamatore tra i pochi rimasti di vecchia scuola, conservava ancora gli stessi rapporti con la grande maggioranza dei suoi clienti.
Ma prima di immergersi nella storia accaduta poi nel 1992, facciamo un breve passo nel novembre 1989 quando il muro di Berlino cadde definitivamente. La simbolica caduta del muro suggellò la disfatta dell’Unione Sovietica e le restrizioni vennero man mano rapidamente a cadere. Anche se chi dice che il colpo di grazia al regime comunista fu la catastrofe di Chernobyl, di fatto nei primi anni novanta la famosa “cortina di ferro” poteva definirsi ormai caduta. I radioamatori di entrambi le parti potevano finalmente parlarsi in libertà, raccontare le proprie storie di come si viveva, di come si lavorava e via dicendo. Precedentemente era una cosa impossibile; se un radioamatore occidentale osasse fare il benché minimo accenno sulla situazione sovietica, il QRT del corrispondente sarebbe stato immediato. Ma finito tutto questo la curiosità era reciproca e da entrambe le parti c’era la voglia di conoscere quello che da un lato era proibito sapere, dall’altro era impossibile conoscere. I QSO di quel periodo erano molto diversi dagli aridi e sterili 5/9 dei giorni nostri dove l’obiettivo è solo fare numero di stazioni collegate. Lo scopo principale era invece la conoscenza delle rispettive società dapprima precluse ora rivelate. Si potevano così intraprendere lunghi collegamenti, utilizzando una lingua inglese adattata da entrambe le parti, una lingua franca dove l’importante era riuscire a parlarsi e comprendersi.
Una sera d’estate del 1992, una di quelle sere dove alla televisione sembra non esserci niente di interessante, dove il caldo afoso della pianura padana favorisce il prolificare di voraci zanzare e costringe a ridurre il più possibile l’illuminazione, la soluzione può essere lo shack, il rifugio per antonomasia delradioamatore.
Con una luce soffusa, la porta che dà sul giardino aperta per far circolare l’aria cercando di rinfrescarsi o almeno con la parvenza che ciò accada visto che non si muove un filo d’erba, il nostro amico accende gli apparati. Il display e le scale parlanti dei ricetrasmettitori illuminano con luce fioca il tavolo. Inizia così a spazzolare la banda dei 40mt in cerca di qualche corrispondente. È tarda sera e le bande diurne sono ormai chiuse; bisogna ripiegare sulle bande più basse nonostante il maggiore rumore termico. Non esisteva il cluster, non esisteva QRZ.com, non esisteva internet. Se volevi contattare qualcuno dovevi andare su e giù per la banda, bisognava capire il nominativo tra il rumore, dovevi farti capire se collegavi qualcuno.
Ad un certo punto la chiamata di un russo. Che opportunità!
Adesso farebbe sorridere questo: considerato il livello di prestazioni dei nostri apparati collegare la Russia è piuttosto semplice. Ormai non ci si deve più scambiare niente, non c’è più quella morbosa curiosità di contattare i sovietici, da entrambe le parti si conosce tutto e la globalizzazione ha fatto il resto. Ora gli onnipresenti russi li consideri quasi un QRM se hai già in log le stazioni di quell’area.
Ma allora….
Il nostro risponde alla chiamata di questo OM dalla Russia e inaspettatamente questo mastica abbastanza bene l’italiano: ottimo.
Inizia così un cordiale scambio di informazioni, idee, descrizione di apparati, società, meteo e tutto quanto si possa attingere da questo lungo QSO.
Arrivati alla fine del collegamento c’è lo scambio degli indirizzi di casa per ricevere la cartolina, la QSL.
Forse non c’era il bureau nel luogo dove il russo viveva o semplicemente volevano accelerare i tempi e riceverla in diretta. Il nostro I3.. facilitato dalla conoscenza della nostra lingua del corrispondente sovietico
inizia a dettare il suo indirizzo:
I3..- Nominativo, nome e cognome e via G.B.Canal – Treviso- Italia
RU.. – da da via G.B. Canal----
RU… da da Treviso c’è via Martini 5 conosco conosco da da---
I3.. – come fai a conoscere questa via? È vicina a me, a duecento metri in linea d’aria..
RU.. – da da, negli anni sessanta ero membro dell’Accademia delle Scienze di Mosca e mi contattò una persona che chiedeva se avessimo la cura per un bambino ammalato di leucemia che viveva in Italia, a Treviso in via Martini 5 . Pensavano che noi avessimo la medicina più avanti di voi, che avessimo già trovato la cura. Mi dispiace…
Sorry…